Al Teatro Carignano di Torino debutta martedì 18 gennaio 2022 alle ore 19.30 Chi ha paura di Virginia Woolf?, il testo più celebre di Edward Albee, nella traduzione di Monica Capuani, per la regia di Antonio Latella. In scena, Sonia Bergamasco (nel ruolo di Martha) e Vinicio Marchioni (George) insieme a Ludovico Fededegni (Nick) e Paola Giannini (Honey). La drammaturgia è di Linda Dalisi, le scene di Annelisa Zaccheria, i costumi di Graziella Pepe. Musiche e suono sono di Franco Visioli, mentre le luci sono di Simone De Angelis. Assistente al progetto artistico Brunella Giolivo.
La pièce racconta lo spietato gioco al massacro fra due coniugi, due insegnanti universitari di mezza età, con le loro bugie e i loro drammi irrisolti. Il regista Antonio Latella ci accompagna nuovamente in America, dopo La valle dell’Eden di Steinbeck, questa volta l’immaginario è quello di Edward Albee. Il regista si addentra nel linguaggio del drammaturgo americano e nelle sue parole rivoluzionarie, ripetitive, surreali, lontane da ogni sentimentalismo e mentre si avvicina ad Albee ritrova anche alcune risonanze con Virginia Wolf, una vera visionaria.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli, sarà in scena nella stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 23 gennaio 2022.
Note di Regia di Antonio Latella
Non posso non partire dal titolo per affrontare questo testo che ancora una volta mi riporta all’America e alla drammaturgia americana. Molti critici hanno detto che questo titolo è solo un gioco ironico, un rimando intellettualistico alle paure di vivere una vita priva di delusioni. Una canzoncina che la nostra protagonista dissemina per tutto il testo, che riprende la melodia per bambini, e non solo, “Who’s Afraid of the big bad Wolf?” ovvero: “Chi ha paura del lupo cattivo?”. La paura del lupo, quel lupo che fin da piccoli è fuori dalla porta pronto a sbranarci, pronto a punirci nel momento in cui non stiamo nelle regole che la società ci impone. Eppure, non posso credere che questa scelta, in un autore attento come Edward Albee, sia solo un vezzo intellettualistico, dal momento che per sostituire la parola “lupo” scomoda una delle figure intellettuali più importanti del novecento, Virginia Woolf.
Perché lo fa? Non può essere casuale per uno come lui, che fu adottato da piccolo da una famiglia di teatranti che non poteva avere figli, una famiglia talmente fuori dalle righe che lui aveva sempre sperato che quelli non fossero i suoi veri genitori. Infatti la scoperta della verità dell’adozione più che gettarlo in uno stato di depressione lo aiutò a crescere e a vivere meglio.
Virginia Woolf è un’autrice che crea un nuovo modo di narrare, un nuovo linguaggio. Una vera visionaria, una combattente instancabile per l’emancipazione femminile. Una donna che insegnò alle donne ad uccidere le loro madri, come per gli uomini Edipo ci insegnò ad uccidere i nostri padri, o meglio un’idea di padre, come la Woolf uccise un’idea di madre, quella che vedeva nella donna “l’angelo del focolare”. Credo che tanto di tutto questo si trovi nel testo, la Woolf è presente nei due protagonisti che fanno da specchio alla giovane coppia scelta come sacrificio di questo violentissimo e disperato amore, questo: “jeu de massacre”. La Woolf è presente anche in una idea di narrazione che riguarda lo stesso Albee: “Ogni volta che entra la morte, bisogna inventare, mentire, ricostruire. La morte la puoi vincere solo con l’invenzione”. Ed è proprio quello che fa fare Albee ai suoi protagonisti, prende spunto da questa frase della Woolf e porta questa coppia, ormai morente, a inventare per ricrearsi, per restare in vita, a scegliere di inventare un figlio mai esistito, ed è spiazzante che lo faccia proprio lui che fu adottato. Bisogna scegliere di spiazzare la morte, di vincere la depressione, la paura, forse anche di anticiparla proprio come fece la grande Virginia Woolf.
01_CS Chi ha paura di Virginia Woolf?