Forte sin dal titolo il monologo di e con Andrea Lupo, che racconta l’imprevedibilità e la normalità della violenza domestica. Un viaggio nella mente maschile messa alla prova dall’abbandono, tra stereotipi, sensi di colpa, rabbia e frustrazione.
Cosa scatta nella mente di un uomo perbene, un uomo tranquillo, buon marito e buon padre, serio lavoratore, considerato da tutti una brava persona, che davanti al rifiuto e all’abbandono da parte della compagna si trasforma in un mostro? A scavare attorno a questa domanda, che torna di attualità ad ogni femminicidio, è Andrea Lupo, autore e interprete de Lo stronzo, prodotto dal Teatro delle Temperie (selezionato dal Torino Fringe Festival 2018). Un viaggio nel labirinto della mente maschile, in cerca di riposte che diano senso all’inspiegabile. È la sera del decimo anniversario di matrimonio di Luca e Lilli, una coppia apparentemente felice. Sono pronti per uscire a cena, ma da una sciocchezza, un’incomprensione, una parola sbagliata di lui, scoppia un litigio che porta Lilli a barricarsi dietro una porta. Un gesto di chiusura che pare definitivo e forse cova da tempo. Lui si ritrova solo e disarmato davanti all’enorme porta chiusa che – unico elemento scenografico – è il simbolo plastico della sua inadeguatezza emotiva, culturale, relazionale. Della sua incapacità di comprendere e gestire il rifiuto. Dietro quella porta, urla, impreca, piange, supplica, sfoga la sua rabbia. «Il viaggio di Luca attraverserà tutte le fasi emotive possibili – spiega l’autore – finché, stremato, dovrà ammettere di non essere in grado di tenere il passo». La donna rivendica il suo diritto di scegliere e non torna indietro. Lui, esasperato dal suo silenzio e dall’assenza, infuriato contro di lei e contro se stesso, colmo di sensi di colpa e frustrazione, trova nell’aggressività l’unica via d’uscita dalla «gabbia» del proprio fallimento.