A volte, fare due chiacchiere con il futuro diventa una cosa possibile. È ciò che è successo al gruppo CentiMorgan che, durante la terza settimana, ha avuto l’opportunità di confrontarsi con alcuni degli studenti che frequentano il corso di laurea in DAMS all’Università di Torino. I ragazzi hanno discusso di digitale, opportunità e sostenibilità, modificando la forma della mappa concettuale da metropolitana ad arborea. Per fare questo, sono partiti da sei parole molto precise, che il gruppo ha individuato precedentemente: rito, attore, pubblico, relazione, spazio fisico e tempo. Tutti insieme, questi sono i concetti minimi per fare sì che il teatro possa avvenire, i sei strumenti fondamentali per orientarsi nell’universo teatrale. Ma che significato avranno nel futuro?
Come ci hanno confermato questi ultimi mesi, non potranno esistere senza essere coinvolti nel discorso digitale. È per questo che il confronto con gli studenti si è svolto principalmente su questo tema, con l’obiettivo di capire quali siano i limiti che impone e le opportunità che offre. È vero, il teatro in streaming è diverso dal teatro dal vivo, ma la domanda è questa: quanto siamo disposti ad avvicinarci alle nuove esigenze del mondo, pur di non cedere il teatro al mero intrattenimento?
Eppure, non è facile nemmeno per i più giovani, che con il digitale ci sono nati. Se alcuni di loro rivendicano una rinnovata partecipazione del pubblico – che si è sentito nuovamente coinvolto, anche solo attraverso l’accensione della webcam –, molti altri considerano lo streaming una soluzione solo temporanea. C’è chi giura di non riuscire a fare lezione di recitazione parlando da solo nella propria camera da letto, e chi racconta che durante gli spettacoli online si ritrova ad agitarsi sulla sedia, in cerca degli sguardi degli attori e di tutti quei pezzi che mancano. Così, sembra quasi che lo streaming diventi un fortissimo grido d’aiuto: dietro lo schermo il teatro c’è, il teatro esiste ancora. Ed è questo grido che dobbiamo salvare.
Tutto ciò, non significa fare resistenza a un cambiamento che è destinato a compiersi, ma invece ascoltare quella straordinaria qualità del teatro che è il saper accogliere. Perché la tecnologia non è sempre qualcosa che toglie: pensiamo alle possibilità di potenziamento che il digitale dà all’esperienza teatrale. Come ha detto Alessandro Avataneo, immaginate dove possiamo portare uno spettacolo… nei boschi, negli stadi? E che ne dite di usare addirittura Tik Tok per portare la gente a teatro?
Giulia Binando