L’intensa prova d’attrice di una delle principali artiste del teatro contemporaneo in un tagliente apologo sulla natura drammatica dell’adattamento del sentire e del corpo ad una razionalità disumanizzante. È Giuliana Musso l’autrice e interprete de LA SCIMMIA, il monologo liberamente ispirato al racconto Una relazione per un’Accademia (1917) di Franz Kafka che il Teatro Stabile di Torino propone martedì 9 novembre, alle 19.30, al Teatro Gobetti. Oltre un secolo dopo la sua composizione nel pieno della Grande Guerra, la Musso (Premio Hystrio 2017 per la drammaturgia) riscrive il testo del grande scrittore ceco di lingua tedesca, con la traduzione e la consulenza drammaturgica di Monica Capuani. Protagonista sul palco una scimmia diventata uomo, a cui Giuliana Musso dà voce e corpo con straordinaria abilità mimetica, che narra la propria grottesca esperienza di fronte a un uditorio di illustri Accademici. Nato libero nella foresta e poi catturato, ingabbiato e torturato per fini scientifici, l’animale ha trovato una via di fuga imitando gli umani ed esibendosi sul palco come un buffone da varietà che parla, canta e balla. Una strategia di sopravvivenza che ci ricorda impietosamente quanto costi agli uomini, soprattutto a quelli di oggi, rinunciare a sé stessi e alla propria unicità per adeguarsi a una società che impone la rinuncia all’intelligenza del corpo, al sapere dell’esperienza e dell’emozione. Coprodotto da La Corte Ospitale e Operaestate Festival Veneto con il sostegno del Teatro Comunale Città di Vicenza, La Scimmia vede il movimento a cura di Marta Bevilacqua, le musiche originali composte ed eseguite da Giovanna Pezzetta, i costumi di Emmanuela Cossar e il trucco di Alessandra Santanera. Lo spettacolo sarà replicato al Teatro Gobetti per la Stagione in abbonamento del TST fino al 14 novembre.
«Ho conosciuto La scimmia grazie all’incontro con Monica Capuani che mi ha proposto di leggere un suo adattamento teatrale del racconto di Franz Kafka, Una relazione per un’Accademia – afferma Giuliana Musso nelle sue note di regia –. Attraverso Monica ho conosciuto anche l’attrice britannica Kathryn Hunter, profonda e magistrale interprete di questo monologo kafkiano.
Ma la volontà di creare uno spettacolo è nata solo quando ho scoperto che La Scimmia avrebbe potuto staccarsi dalla dimensione assegnatale dal suo autore per trovarne una più vicina ai temi che mi sono cari. Ho iniziato un percorso di sovrascrittura che mi ha condotto sempre più lontano da Kafka e vicino ad una proposta di riflessione di stampo antropologico. Una delle autrici che più mi hanno ispirato per questo lavoro drammaturgico è stata Carol Gilligan, psicologa dell’evoluzione e studiosa di etica. Il tema principale che ho voluto sviluppare è l’adattamento dell’individuo ad un sistema culturale violento, dominante, pericoloso. Violento perché normalizza la violenza, dominante perché gerarchizza tutti gli esseri viventi, pericoloso perché ci spinge a una razionalità disumanizzante. In questa mia scrittura la trasformazione della scimmia in umano diviene chiara metafora dell’iniziazione dell’individuo al sistema culturale patriarcale. La conquista della razionalità è descritta come perdita di sé, di autenticità, di coerenza, perché è una razionalità che essenzialmente reprime i bisogni primari degli individui. Lo sviluppo di questo macro-argomento nel racconto della Scimmia si declina in alcuni sotto-temi quali la natura dei processi cognitivi, come ci viene proposta dai più recenti studi nell’ambito delle neuroscienze, ossia del pensiero inteso come prodotto di un corpo vivente integro, libero e senziente. Fonte di ispirazione sono stati autori quali Antonio Damasio, Frans De Waal, Candace Pert, Daniel J. Siegel. La voce di questi scienziati ha fatto da cornice alla potente suggestione che questo uomo-scimmia ha avuto sui miei sogni e i miei pensieri.
Un’altra forte motivazione che mi ha spinto alla produzione di questo monologo è la mia passione per la natura buffonesca dei caratteri di commedia. Questo personaggio è a suo modo un buffone, tenero come Charlot, diabolico come un arlecchino. La scimmia è diventata un attore del varietà e parla ai Signori dell’Accademia: facendo il cretino per il pubblico nutre la sua infinita fame di umanità. Ridendo di quello stesso pubblico che compiace ogni sera trova uno spazio di libertà. Il buffone sul palco resiste così alla violenza.»
Attrice, ricercatrice e autrice vicentina d’origine e friulana d’adozione, Giuliana Musso (1970) è tra le maggiori esponenti del teatro di narrazione e d’indagine: un teatro che si colloca al confine con il giornalismo d’inchiesta, fra l’indagine e la poesia, la denuncia e la comicità. Premio ANCT 2005, Premio Cassino Off 2017 e Premio Hystrio 2017 per la drammaturgia, fra i suoi spettacoli si ricordano Nati in casa, Sexmachine e Tanti saluti (trilogia sui “fondamentali” della vita), La città ha fondamenta sopra un misfatto (viaggio nella distruttività del sistema patriarcale), La fabbrica dei preti (sulla vita e la formazione nei seminari italiani prima del Concilio Vaticano II) e Mio Eroe (la guerra contemporanea nelle voci di madri di militari caduti in Afghanistan). Il suo ultimo lavoro, Dentro. Una storia vera, se volete, esito di un’indagine teatrale sul tema della violenza intra-familiare, ha debuttato alla Biennale Teatro 2020. Dal 2008 La Corte Ospitale, Rubiera (RE), è la sua casa di produzione.
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