Martedì 25 ottobre alle 19.30 debutta al Teatro Carignano di Torino lo spettacolo Edificio 3. Storia di un intento assurdo, scritto e diretto dal drammaturgo e regista argentino Claudio Tolcachir. Lo spettacolo è una commedia che racconta la storia di cinque personaggi che condividono lo spazio ristretto di un ufficio: le loro vicende personali vi si intrecciano con momenti di commozione, effetti grotteschi e comicità. Il testo è stato tradotto da Rosaria Ruffini ed è interpretato dagli attori Rosario Lisma, Stella Piccioni, Valentina Picello (premio Hystrio 2022 all’interpretazione), Giorgia Senesi, Emanuele Turetta. Le luci sono di Claudio De Pace e i costumi di Giada Masi. Edificio 3. Storia di un intento assurdo è prodotto dal Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Carnezzeria srls, Timbre4 e resterà in scena nella stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale fino a domenica 30 ottobre 2022.
NOTE SULLO SPETTACOLO
Rappresentato per la prima volta a Buenos Aires nel 2008, Edificio 3 risulta ancora più attuale oggi che la pandemia ha scavato solchi profondissimi nel tessuto sociale e nel nostro modo di vivere le relazioni. La vicenda è ambientata in un vecchio ufficio di una grande azienda pubblica. Tutto sembra abbandonato: l’ascensore è rotto, la macchinetta del caffè anche, il lavoro langue, l’ufficio del personale è stato trasferito altrove e non registra le presenze degli impiegati… Moni (Valentina Picello), Sandra (Giorgia Senesi) ed Héctor (Rosario Lisma) sono colleghi e condividono quello spazio nel quale trascorrono buona parte delle proprie vita: Moni è la pettegola della situazione, conosce i segreti di tutti, fruga nei cassetti, si insinua non richiesta nelle vite altrui; Sandra, donna single non più giovane, sta cercando di restare incinta; Héctor, uomo maturo, ha perso da poco la madre, con la quale abitava e che lo ha sempre tarpato. In una sovrapposizione di tempo e di luogo, l’ufficio è ora la casa dei fidanzati Manuel (Emanuele Turetta) e Sofía (Stella Piccioni) – lui, inquieto cerca sfogo al di fuori della coppia, lei vorrebbe avere dei figli – ora il bar dove gli impiegati trascorrono le pause, ora lo studio medico dove si reca Sandra… Amori, tradimenti, equivoci, desideri, ambizioni, frustrazioni, sogni: Tolcachir racconta, come sempre nei suoi testi surreali, grotteschi, commoventi, la struggente complessità delle dinamiche relazionali e l’infinita distanza che ci separa tutti – amici, amanti, colleghi, familiari… – dal nostro prossimo, l’incolmabile baratro tra l’intima identità di ciascuno di noi e il personaggio pubblico che diamo in pasto alla gente.
Il teatro ci ricorda la complessità della vita. Estratti da una conversazione con Claudio Tolcachir
«Il primo elemento da cui sono partito per scrivere Edificio 3 è un episodio reale: mi sono ricordato di aver sentito la storia di un tale che telefona sul posto di lavoro e chiede “Come faccio a capire se mia madre è morta?”. Da lì ho poi immaginato l’ufficio, quindi le persone che lo popolano e così via. Edificio 3 è una commedia costruita sui segreti, su quel che di noi mostriamo agli altri e quel che nascondiamo. Tutta la trama dell’opera verte intorno al racconto del modo in cui i personaggi celano azioni e pensieri, alimentando il non detto. […]
È un’opera sulla solitudine e l’inettitudine, anche se i personaggi non smettono mai di fare o di dire qualcosa, senza però raccontare davvero quel che accade loro, senza mai chiedere aiuto. Si smarriscono in situazioni insulse, perdono tempo a far cose inutili, come quando scrivono la lunghissima lettera per la messa in ricordo della madre di Ettore… In nessun momento della commedia si verifica un evento fondamentale ma, come ci insegna il maestro Čechov, le cose importanti si celano nel non detto, nelle informazioni che non forniamo direttamente allo spettatore, ma in quelle che egli ricava per conto proprio. I personaggi di Edificio 3 hanno tanta vita davanti e sono in una condizione di stabilità. Intendo dire che, se una persona perde il lavoro, attraversa una tragedia ma ha un progetto: cercarsi un lavoro. Moni, Sandra, Ettore non corrono il rischio di rimanere disoccupati, ma lì dove lavorano non hanno alcun ruolo: è il vuoto totale, il vuoto del tempo e dello spazio, il vuoto delle vite e del futuro. Per questo annaspano alla ricerca di qualcosa e ognuno di loro coltiva un proprio sogno segreto, semplice, basico, che si vergogna di non saper realizzare, o che, goffamente, tiene segreto. Nei loro goffi tentativi di ottenere un risultato sta la chiave di tutto.»
Claudio Tolcachir
Drammaturgo, regista e attore, Claudio Tolcachir, classe 1975, è protagonista indiscusso della fertilissima nouvelle vague argentina. Ha riscosso il suo primo successo internazionale nel 2005 con il pluripremiato La Omisión de la Familia Coleman (conosciuto in Italia col titolo Il caso della famiglia Coleman), che ha debuttato nelle più importanti capitali del mondo, tra cui Milano, Madrid, Parigi, Lisbona, Dublino, New York, e tuttora in tournée. Nel 1998 fonda la compagnia Timbre4, dal 2001 multisala teatrale e scuola di recitazione, punto di riferimento culturale fondamentale a Buenos Aires, città dove Tolcachir vive e lavora.