Martedì 28 marzo 2023, alle 19.30, debutterà al Teatro Carignano la trilogia dell’Orestea di Eschilo diretta da Davide Livermore, che viene sviluppata in due spettacoli: Agamennone e Coefore / Eumenidi. Agamennone, Coefore ed Eumenidi sono la trilogia più cruda e violenta della tragedia classica, oltreché l’unica ad essere arrivata fino a noi nella sua integrità. In questi allestimenti nati all’interno della cornice del teatro greco di Siracusa, Davide Livermore non concede alcuno sconto alla loro ferocia e traspone il mito in una fastosa quanto decadente atmosfera Anni Trenta. All’interno di uno spazio scenico di grande impatto visivo, dominato da ledwall che trasmettono immagini spettrali e minacciose, e riempito da una sofisticata partitura musicale, Livermore dona nuova linfa a questa pica storia di potere e violenza sull’orlo dell’abisso. L’Orestea, prodotta dal Teatro Nazionale di Genova e da INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico, sarà in scena per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a giovedì 6 aprile 2023.
TEATRO CARIGNANO
dal 28 marzo al 6 aprile 2023
ORESTEA
Agamennone dal 28 al 31 marzo
Coefore / Eumenidi dal 4 al 6 aprile
Maratone Orestea 1 e 2 aprile
L’Orestea
Scheda a cura della Compagnia
È la trilogia perfetta, l’unica giunta integra sino a noi: Orestea è un testo imponente e complesso che fa i conti con la vendetta e la giustizia, con il maschile e il femminile, con la città e con lo sfaldamento della società. «Eschilo ha voluto e scritto e fissato per sempre – ricorda la grecista Margherita Rubino – l’ambiguità di quella stessa votazione democratica che reinventa e celebra nel suo finale grandioso. Il voto di Atena poteva essere in più, poteva non essere determinante. Lo è invece. Una dea, sorella del difensore Apollo, fa assolvere Oreste. Eschilo poteva allestire un’autocelebrazione di Atene, non lo ha fatto, il dubbio lo ha ideato e creato lui stesso». Da questi presupposti parte anche la regia di Davide Livermore, il cui progetto scenico ha visto la luce a Siracusa nel 2021 per Coefore e Eumenidi, salvo poi completarsi nel teatro greco con Agamennone nel 2022. Commenta il regista: «Il nodo dell’Orestea è la parola giustizia, perché questa onda di dolore e di sangue è esemplare e si può arrestare semplicemente con le leggi e con un tribunale imparziale che è il più straordinario risultato che l’umanità è riuscita a realizzare nella sua storia». E per affrontare questa intricata storia di sangue e violenza, Livermore ha voluto guardare – come sempre nel suo percorso creativo – ai corsi e ricorsi storici, innervando l’originale di Eschilo di tensione politica e umana. Come nell’approccio “civile” che fu per Pasolini-Gassman, qui la trilogia, nella straordinaria e vibrante traduzione di Walter Lapini, diventa materia viva, pulsante: «La narrazione di questa vicenda sarà il più vicino possibile ai nostri tempi. Non siamo “modernisti”, ma artisti e abbiamo la responsabilità di dare vita alle parole della tragedia, che racconta le umane fragilità, a volte terribili». In questa prospettiva, allora, allestire l’Orestea, è un invito a riprendere le maglie della società, dello stare assieme. Mentre una guerra rimbomba alle porte dell’Europa, mentre la pandemia sembra dare una tregua, mai come oggi il teatro deve porsi l’obiettivo di ricreare la comunità. «Il teatro – spiega Livermore – è il luogo della massima partecipazione della società civile: in un momento storico come questo in cui non siamo più abituati a essere comunità, la parete specchio che chiude il primo capitolo, Agamennone, fa interagire il pubblico con l’azione scenica, lo include nella scenografia, racconta il suo ruolo di agente dell’atto teatrale. Far riflettere il teatro ricorda quanto il teatro stesso sia il luogo della massima partecipazione della società. Diciamo agli spettatori: quel che state guardando ci riguarda, sta parlando di noi». Affidata a un gruppo straordinario e affiatato di interpreti, l’Orestea di Davide Livermore è anche frutto di una precisa presa di lavoro sulle tecniche d’attore: «La tragedia richiede attori capaci di possedere il senso del canto nella voce parlata poiché i temi toccati dalla tragedia necessitano di un tale estraniamento, di una tale capacità di immergerci in suoni che sostengano la forza di queste parole, restituendone la loro storia, scarnificando le emozioni e oggettivandole. Come nella ricerca della fine del 1500 a opera degli artisti della Camerata de’ Bardi, una ricerca estrema che portò alla creazione dell’opera lirica, noi concretizziamo la definizione di Claudio Monteverdi: l’Armonia al servizio della Poesia».
CS_Orestea_Agamennone+Coefore/Eumenidi