Quando uno scrittore, un artista, un uomo, come Vitaliano Trevisan, che ha attraversato la scrittura per la scena ci lascia, rimane uno stupore che rende attoniti.
Trevisan ha esordito tardi come autore dopo aver a lungo cambiato attività (Works, Einaudi – 2016, è la dettagliata descrizione dei suoi svariati, spesso inconsueti, trascorsi professionali) ma ha legato una parte importante della propria carriera al cinema e al teatro. Con il suo secondo romanzo, I quindicimila passi. Un resoconto (2002), ha vinto il Premio Campiello Francia nel 2008. Lo ricordiamo autore e protagonista di Primo amore di Matteo Garrone, insieme a Michela Cescon (2004). Il Teatro Stabile di Torino ha coprodotto con Teatro di Roma e Teatri Uniti il suo intenso esordio drammaturgico: Il lavoro rende liberi, regia di Toni Servillo interpretato, tra gli altri, da Anna Bonaiuto, Michela Cescon, Denis Fasolo e che ha debuttato alla Cavallerizza Reale il 26 ottobre 2005. Tra i lavori successivi ha curato l’adattamento di Giulietta, da Federico Fellini, regia Valter Malosti (2004), ha portato in scena, anche al Teatro Carignano, la figura di Bettino Craxi con Una notte in Tunisia, interpretato da Alessandro Haber e diretto da Adrée Ruth Shammah (2012). Più recentemente, proprio nella stagione dello Stabile di Torino, alle Fonderie Limone di Moncalieri, è stato possibile assistere a La Bancarotta, da Carlo Goldoni, con Natalino Balasso per la regia di Serena Sinigaglia (2019). Vogliamo ricordarlo anche per la lunga e bella intervista fatta a Valerio Binasco durante le prove di Arlecchino servitore di due padroni (2018), per il programma di sala dello spettacolo. Il suo ultimo lavoro, Il mondo e i pantaloni, ha debuttato nel 2020.
Una scrittura secca, affilata, la sua, intrisa di un lucido sguardo sugli individui, sul presente, su quella sofferenza che ci divora e che per lui è stata fatale.