Martedì 28 febbraio 2023, alle ore 19.30, debutta al Teatro Gobetti di Torino lo spettacolo Farfalle, scritto e diretto da Emanuele Aldrovandi, testo vincitore del Premio Hystrio Scritture di Scena nel 2015 e del Mario Fratti award nel 2016. In scena le due attrici Bruna Rossi e Giorgia Senesi. Scene e grafiche sono di CMP design, le luci sono di Vincent Longuemare, i suoni di Riccardo Caspani, le musiche di Riccardo Tesorini, i movimenti di Olimpia Fortuni. Lo spettacolo, prodotto da Associazione Teatrale Autori Vivi, Teatro Elfo Puccini, Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale, sarà replicato per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale fino a domenica 5 marzo 2023.
In scena due sorelle, ciniche e poetiche, una bionda (Bruna Rossi) e una mora (Giorgia Senesi) e al centro il gioco che le ha unite fin da quando, piccolissime, sono rimaste sole: a turno, chi ha in mano la collana a forma di farfalla può obbligare l’altra a fare qualsiasi cosa, pena la fine del gioco. Durante lo spettacolo le due attrici giocano a interpretare i personaggi principali delle loro vite, in un susseguirsi di scene che raccontano con tragicomica ironia la crescita delle due sorelle e le loro scelte di vita – bizzarre o banali, obbligate o inaspettate – che le portano ad acquisire una sempre maggiore consapevolezza di sé e a diventare molto diverse dalle ragazzine che erano. Il loro percorso però è opposto, quasi complementare, e il cambiamento che vivono le porta prima ad allontanarsi e poi a scontrarsi violentemente.
Note di regia di Emanuele Aldrovandi
«È difficile raccontare di cosa parla un testo e forse è ancora più difficile sapere quali siano state le esigenze che ti hanno portato a scriverlo. Per Farfalle ne posso ipotizzare almeno tre. La prima, iniziale, era la volontà di mettermi alla prova cimentandomi con la scrittura di personaggi femminili complessi. I testi che avevo scritto fino a quel momento avevano sempre un protagonista maschile, o al massimo una coppia di protagonisti uomo-donna, perciò la sfida che avevo in testa da un po’ era quella di provare a raccontare in modo profondo e credibile “la storia di due possibili donne”. Così nel 2013, partendo come riferimento da alcune novelle di Pirandello, ho iniziato a scrivere di queste due sorelle, una bionda e una mora. La seconda esigenza rispecchia una riflessione sul valore dell’esperienza. Il mondo è pieno di persone che dispensano consigli in base al loro vissuto personale e tutta la nostra cultura è fondata sull’idea che la conoscenza – scientifica, culturale, esperienziale e perfino emotiva – si possa diffondere o tramandare. Ma le esperienze che facciamo ci insegnano davvero qualcosa sulla vita, su noi stessi o sugli altri? E fino a che punto, quando cerchiamo di trasmettere alle persone che amiamo quello che pensiamo di aver imparato, facciamo loro del bene? La terza esigenza è scenica: volevo costruire una dinamica che fosse “interna” alla vicenda, ma allo stesso tempo avesse il potere di “creare” le situazioni e i personaggi. Per questo le altre figure della storia, dal padre inaffidabile al medico opportunista, sono sempre in bilico fra l’avere una vita propria e l’essere proiezioni generate dal vortice del gioco in cui le due sorelle sono immerse. Dal momento della scrittura sono passati dieci anni, nel frattempo il testo ha vinto dei premi, è stato pubblicato e tradotto e ha avuto il suo debutto mondiale nel 2019 a New York. In un certo senso è come se si fosse staccato da me e si fosse allontanato dalle motivazioni che mi avevano spinto a scriverlo, diventando qualcosa di autonomo. È così che mi ci sono approcciato, quando ho deciso di farne la regia: come se fosse il testo di qualcun altro. Rileggendolo e analizzandolo come se non l’avessi scritto io, ho scoperto che si tratta di un testo che parla soprattutto d’amore: un amore conflittuale e competitivo, che però può andare oltre l’incomprensione e oltre i confini della vita. È stato questo il motivo per cui ho scelto di farlo interpretare a due attrici che, dal punto di vista anagrafico, avessero la stessa età che hanno le due protagoniste alla fine della storia. E non invece a due attrici che avessero la stessa età che hanno le due protagoniste all’inizio. Volevo concentrarmi sul raccontare due donne che hanno già vissuto, che hanno già provato a capire e a capirsi, che non ci sono riuscite eppure, in un qualche modo che trascende i confini dello spazio e del tempo, sono ancora unite».