Ciò che si chiede alla satira è di essere uno specchio in cui osservare i nostri vizi per poi riderne, fingendo che l’immagine che vediamo riflessa non sia la nostra. Ed è quello che Jurij Ferrini fa in questa rilettura di un classico della commedia molièriana in cui un vecchio egoista si diverte a negare il futuro dei propri figli.

Tengo sotto chiave tutto quel che voglio,
e faccio la sentinella quanto mi pare e piace!

Insieme a Tartufo, Il malato immaginario e Il borghese gentiluomo, L’avaro è una delle grandi commedie di Molière, una delle più note, celebrate, rivisitate a partire dal 9 settembre 1668, data del debutto al Théâtre du Palais-Royal a Parigi. Una commedia amara, costruita attraverso numerosissime fonti e contaminazioni, non solo sociali, ma anche letterarie. Meccanismo compiuto e spassoso, animato da alcuni tra i temi più tradizionali del teatro comico, L’avaro è terreno fertile per la rilettura dell’interprete e regista. Dopo il successo di Cyrano de Bergerac, Jurij Ferrini affronta un altro testo fondamentale del teatro: «Io penso che se abbiamo perso la capacità di far ridere con le grandi commedie classiche, dotate di ingranaggi comici perfetti, capaci di sostenere una trama portante e svelare personaggi eternamente attuali, se non sappiamo più far divertire davvero il pubblico con questi personaggi straordinari, con il loro linguaggio, con le loro debolezze e passioni sfrenate, significa che qualche problemino lo abbiamo noi teatranti e non il pubblico. Ecco perché è appassionante la sfida di tornare a far ridere il pubblico con la complessità umana dei protagonisti di un testo come L’avaro. La caratteristica dei classici è proprio quella di attraversare le epoche della storia e rimanere integri anche dopo enormi cambiamenti sociali. Purtroppo non vedo nulla di antiquato in un uomo così ossessionato dal possesso da togliere ogni prospettiva di felicità alla sua stessa prole, da diventare addirittura usuraio ai danni di suo figlio. Arpagone è un vecchio che per egoismo condanna all’infelicità una generazione di giovani, mentre loro tentano in ogni modo di aggirare la sua prepotenza. Guardandomi intorno, osservando il mio paese, i suoi potenti e i suoi sudditi… vedo in tutto questo qualcosa di estremamente familiare». Nella sua carriera di attore e regista Ferrini ha saputo destreggiarsi tra autori antichi e moderni, spogliando puntualmente degli orpelli ogni messinscena, per restituire i testi nella loro scarna e pungente nudità.

Acquista online

di Molière


traduzione Sara Prencipe


con Jurij Ferrini, Elena Aimone, Matteo Baiardi, Vittorio Camarota, Fabrizio Careddu, Sara Drago, Daniele Marmi, Raffaele Musella,Gloria Restuccia, Rebecca Rossetti, Michele Schiano Di Cola, Angelo Tronca


regia Jurij Ferrini
scene Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
luci Lamberto Pirrone
suono Gian Andrea Francescutti
coreografie Rebecca Rossetti
regista assistente Alberto Oliva


Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale