Vitaliano Trevisan riscrive con implacabile sarcasmo un testo poco frequentato di Goldoni: una caustica, irridente rappresentazione dell’Italia di oggi. Natalino Balasso guida un cast corale diretto da Serena Sinigaglia.
Con il suo stile pungente e sincopato, implacabile e sarcastico, l’acclamato scrittore e drammaturgo vicentino Vitaliano Trevisan riscrive La bancarotta, in cui si sbeffeggia Pantalone finito in miseria. Le disgrazie finanziarie che affliggono il poveretto non sono solo il frutto di errori e debolezze, ma sono il risultato simbolico e paradigmatico di una più vasta disgregazione di valori della società della sua epoca. Il fallimento del mercante è calato tra i problemi del Bel Paese di oggi, così la dissolutezza del Settecento veneziano si amplifica nell’Italia degli anni Duemila.
In questa deriva amorale la satira è più spietata e al tempo stesso più comica del solito. L’opera segna per Goldoni la svolta dai canovacci della Commedia dell’Arte a un’idea di testo più determinato ed esteso, evoluto rispetto alla prassi del recitare a soggetto. In scena, diretti da Serena Sinigaglia e guidati da uno scatenato Natalino Balasso, ci sono Fulvio Falzarano, Massimo Verdastro, Marta Dalla Via, Denis Fasolo, Carla Manzon, Celeste Gugliandolo, Raffaele Musella e Giuseppe Aceto. «Questo testo – spiega Balasso – non asseconda affatto la garbatezza goldoniana nel trattare un tema delicato, ma affonda il coltello e diventa ruvido con l’immediatezza che sempre ammiro in Trevisan». Un testo necessario, soprattutto all’apice della crisi economica che ha sconvolto il mondo del lavoro e dell’imprenditoria a Nordest.