Les Trois Soeurs, diretto dall’enfant terrible della regia internazionale Simon Stone, è oggi un’inedita versione del capolavoro del drammaturgo russo, con: Amira Casar e Céline Sallette.
Con un dramma del quotidiano, del desiderio e del fallimento, Anton Čechov, e con lui il teatro moderno, entrano nel ventesimo secolo: le tre sorelle sono le protagoniste del miraggio di tornare a Mosca, il paradiso perduto in grado di garantire loro una vita agiata, un lavoro stabile e, magari, un compagno di vita fedele e innamorato, sogni che svaniscono nella mediocrità del presente. Nella lettura di Stone lo spettacolo è situato nel nostro presente, ambientato in un mondo elettrico, efficiente, comicamente disperato, che è quello della nostra modernità. Simon Stone è nato a Basilea nel 1984, e ha vissuto poi a Cambridge in Inghilterra e a Melbourne, in Australia. Nel 2007 fonda il gruppo teatrale The Hayloft Project: è l’inizio di una carriera che lo porta ad essere direttore residente al Belvoir Theatre, Sydney. Ha ricevuto il Nestroy Theatre Award per John Gabriel Borkman allestito per il Burgtheater di Vienna, mentre la rivista “Theater heute” lo ha eletto miglior regista del 2016. Scrive Stone: «Čechov ha inventato il “teatro della soglia” con gli attimi che precedono e seguono un momento drammatico. Non è che nulla accada nei suoi lavori, è che succede altrove, e quello che vediamo è l’anticamera del dramma. Le persone siedono, aspettano, inventano storie, si preparano alla loro uscita – la loro uscita dal palco, ma, se tutto va bene, l’ingresso nella loro vera vita. Il nostro mondo moderno è diventato il perfetto riflesso della creazione di Čechov. L’illusione di essere sempre in contatto, il sogno di far parte di una narrazione più grande – anche se questa narrazione si svolge altrove – noi lo testimoniamo, lo commentiamo, senza parteciparvi veramente. Così ci inventiamo amici e realtà virtuali, fantasie voyeuristiche, aspettando la nostra entrata nel mondo reale, che potrebbe finalmente metterci al centro di tutto. È possibile? E quando arriviamo a Mosca, se ci arriviamo, continueremo ad esistere?».