Mimmo Sorrentino promuove un “teatro partecipato”, portando in scena otto detenute del carcere di Vigevano, coinvolgendo il pubblico in un’esperienza unica.
Carceri, treni, centri di aggregazione, gruppi di adolescenti, malati di Alzheimer: le storie di Mimmo Sorrentino nascono in spazi pubblici teatralizzati, con una prima fase preliminare dove la bozza di lavoro viene realizzata per i soggetti dell’indagine. Solo successivamente ci si orienta verso un pubblico più allargato: così il teatro diventa ancora una volta il mezzo per avvicinare a una precisa realtà, la chiave per decodificare scelte di vita drammatiche. Premio Enriquez per il teatro civile (2009) e Premio ANCT – Teatri delle diversità (2014), Sorrentino descrive il principio dei laboratori di teatro partecipato come un rapporto d’amore tra il racconto e la parola, a partire da un principio sociologico. L’alta sicurezza del titolo è quello dell’infanzia protetta e paradossalmente tutelata di otto detenute del carcere di Vigevano, condannate per reati associativi. Donne eredi di dinastie mafiose, di Cosa Nostra, ‘ndrangheta, Camorra, con ruoli importanti nelle gerarchie criminali, che hanno raccontato la propria esistenza mettendo a nudo il proprio dolore. Tutte saliranno sul palco ma ciascuna senza l’ombra della propria biografia, perché a raccontarla sarà un’altra detenuta, portatrice di un passato, di un’infanzia diversa, di cui rendere partecipi gli spettatori.