È una duratura e magnifica ossessione, quella di Welles per Moby Dick: una passione che riuscì a trovare finalmente sfogo il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra, quando l’artista americano riuscì finalmente a mettere in scena la sua lotta simbolica con i bianchi leviatani di Melville. Lo attendevano un palco vuoto e spoglio e una sala piena di spettatori: fu un successo strepitoso e Welles commentò dicendo «[…]questo spettacolo è l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato». Un evento straordinario, nel quale tuttavia il regista preferì non dare al pubblico né mare, né balene né navi. Sulla scena nuda mise solo un’affiatata compagnia di attori, della quale faceva parte ricoprendo quattro ruoli diversi (Achab compreso), e affidando alle loro voci il testo, sul quale aveva lavorato per mesi. La sfida sembrava impossibile: gettare un ponte tra il Re Lear di Shakespeare e il capolavoro della letteratura americana, scivolando dall’ostinazione di Lear – che la vita, atroce maestra, infine redimerà – a quella irredimibile, fino all’ultimo istante, dell’oscuro e tormentato capitano Achab. Anche lui, come Kurtz in Cuore di tenebra, per devastare la Natura è pronto a soggiogare i suoi simili trasformandoli con estrema facilità in uno strumento del proprio odio; il suo è un vitalismo rapace, prepotentemente – ma non esclusivamente – occidentale, e rappresenta quella metà (sempre più esigua) dell’umanità che ci sta conducendo al disastro, al fondo di quel gorgo mortale che alla fine inghiotte la baleniera. Questo testo parla di noi, oggi.
l blank verse – per noi splendidamente tradotto dalla poetessa Cristina Viti – restituisce con forza d’immagini potenti la prosa del romanzo. Oltre alla traduzione, un secondo potente motore di questa nostra versione del capolavoro di Welles è una ciurma d’attori più che pronti alla sfida: un cast che salda le eccellenze artistiche di tre generazioni dell’ensemble dell’Elfo. Terzo importante elemento dello spettacolo è la musica, che abita intensamente e dal vivo la scena (sia nel canto che strumentale), portentosa magia generatrice di emozioni profonde. Infine lo spazio, dominato da un fondale, enorme eppure leggero e mutevole, capace di evocare l’immensità del mare e la presenza incombente del grande mammifero marino.
di Orson Welles da Melville
adattato – prevalentemente in versi sciolti – dal romanzo di Herman Melville
traduzione Cristina Viti
con Elio De Capitani
e cristina crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa, Mario Arcari
regia Elio De Capitani
costumi Ferdinando Bruni
musiche dal vivo Mario Arcari
direzione del Coro Francesca Breschi
maschere Marco Bonadei
luci Michele Ceglia
suono Gianfranco Turco
Teatro Dell’elfo
Teatro Stabile Di Torino – Teatro Nazionale
Norme di accesso alle sale
SI prega il gentile pubblico di prendere visione delle NORME DI SICUREZZA DI ACCESSO ALLE SALE