Alessandro Gassmann dirige un grande affresco ancora attuale di denuncia sulla malattia mentale: Qualcuno volò sul nido del cuculo il romanzo di Ken Kesey dal quale nacque, nel 1975, una fortunata pellicola cinematografica. Tra i protagonisti, Daniele Russo e Elisabetta Valgoi.
Quando uscì nel 1975, il film di Miloš Forman fece incetta di Oscar, grazie anche alle straordinarie interpretazioni di Jack Nickolson, Louise Fletcher, Danny De Vito. Nella prima versione teatrale italiana la storia degli ospedali psichiatrici nel nostro Paese e la lunga battaglia di Franco Basaglia per la chiusura di manicomi-lager si intersecano perfettamente nel tessuto narrativo del romanzo, trovando nell’attualizzazione dello spettacolo diretto da Gassmann una perfetta sintesi. Lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni ambienta la vicenda nell’Ospedale giudiziario psichiatrico di Aversa nel 1982, l’anno della vittoria ai Mondiali di calcio con Bearzot, ritornando alle radici del romanzo di Kesey e all’adattamento teatrale di Wasserman. Daniele Russo, nei panni del protagonista Dario Danise, si finge pazzo per sfuggire alla galera e rimane invischiato in un girone dantesco di letti di contenzione, elettroshock e lobotomia. Ad un certo punto del racconto finisce per temere di rimanere intrappolato nel sistema, di non poterne più uscire: un “ergastolo bianco”, come quello scontato da persone detenute nei manicomi giudiziari per reati anche minimi, e mai più usciti di cella perché dimenticati da tutti. Ciò che non cambia, e che la regia di Gassmann e il suo gruppo di interpreti valorizzano, è l’asse portante del testo: «Una storia universale di sacrificio personale, di amicizia e di lotta per l’affermazione personale contro le regole che appiattiscono. La piallatura dello spirito».