Un formidabile, istrionico Filippo Timi è autore e protagonista di questa favola amara tra dramma e poesia, scritta in dialetto umbro. Un bambino disabile mette in scena i suo desideri impossibili: ballare, cantare, amare, vivere una vita che non sia una prigione.

«Siamo stelle filanti. Un soffio d’amore ci dà l’abbrivio di pochi metri di vita; un volo patetico fra ridolini e trombette e poi si cade a terra pronti per essere calpestati e scolorire nella memoria di un carnevale che se ne va». Malinconico come un clown, scintillante come una fata, Filippo Timi dà corpo e voce a Skianto, un intenso monologo, scritto in dialetto umbro, di cui è interprete e autore.
Una favola amara, con un linguaggio tra il lirico e il drammatico, sull’orizzonte soffocante della diversità e della mancanza di amore. Con i capelli a caschetto, grottesco nei suoi pigiamini di pile e nelle t-shirt con Topolino, l’attore interpreta un bambino disabile, segnato da ferite precoci e inguaribili. Un ragazzo nato con la “scatola cranica sigillata”, chiuso nel suo piccolo claustrofobico mondo, rappresentato scenicamente dalla palestra di una scuola elementare di provincia. La sua disabilità è condizione e rappresentazione. Scorrono in scena i suoi desideri impossibili: fare il ballerino, il cantante, amare un pattinatore, sognare una vita che non sia una prigione, vivere in maniera normale con gli altri. Il materiale da cui attinge Timi è autobiografico (il riferimento è alla cugina, cerebrolesa). Un diario privato, sconsolatamente ironico, fatto di ricordi, desideri e tormenti, sul quale l’autore costruisce una palpitante partitura drammaturgica. Come tutti i sognatori, il fanciullo dovrà scontrarsi con la realtà, quella insormontabile del suo corpo murato in una cameretta, «dentro la quale scopre quanto la vita sia truccata». Una favola pop, stramba e struggente, senza lieto fine.


uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Salvatore Langella
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
canzoni Filippo Timi e Salvatore Langella
si ringraziano Lawrence Steele e Francesco Risso
Teatro Franco Parenti