Al Teatro Carignano di Torino, martedì 7 marzo 2023, alle ore 19.30, andrà in scena in prima nazionale RICCARDO III da William Shakespeare, per la regia di Kriszta Székely. Per questo allestimento ha realizzato l’adattamento del testo il drammaturgo Ármin Szabó-Székely; la traduzione è a cura di Tamara Török.
Lo spettacolo è interpretato da Paolo Pierobon, Matteo Alì, Stefano Guerrieri, Manuela Kustermann, Lisa Lendaro, Nicola Lorusso, Alberto Boubakar Malanchino, Elisabetta Mazzullo, Nicola Pannelli, Marta Pizzigallo, Francesco Bolo Rossini, Jacopo Venturiero e con, in video, Alessandro Bonardo, Tommaso Labis.
Le scene sono di scene Botond Devich, i costumi di Dóra Pattantyus, le luci di Pasquale Mari, il suono di Claudio Tortorici e i video di Vince Varga.
RICCARDO III è prodotto da Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, dal Teatro Stabile di Bolzano e da Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale. Sarà replicato al Carignano fino al 26 marzo e poi verrà rappresentato in tournée fino al 21 maggio.
La serata riservata alla Critica è programmata giovedì 9 marzo, alle ore 19.30.
Riccardo III da sempre affascina per la sua dimensione violenta, manipolatoria e solitaria; il duca di Gloucester è senza dubbio uno dei cattivi più iconici del repertorio shakespeariano. Con questa figura letteraria così imponente si confronterà la giovane e affermata regista ungherese Kriszta Székely che, dopo aver affrontato lo Zio Vanja di Čechov, torna al TST come regista associata. Per lei, questo dramma, attraverso le azioni estreme e radicali del protagonista, racconta l’ascesa inarrestabile di un uomo, ma anche la sua rapida discesa verso quel profondo e buio abisso che si spalanca oltre il potere stesso. Riccardo III, qui interpretato da Paolo Pierobon, con le sue contraddizioni, la sua intelligenza pericolosa, le sue capacità attoriali, la sua sofferenza esposta e usata come forma di coercizione per con
fondere gli altri, è la metafora perfetta della necessità del potere di blandire le coscienze per ottenere risultati spesso effimeri.
In una dimensione internazionale così complessa, dominata da rigurgiti nazionalisti, intolleranza religiosa, razzismo, il dramma di Shakespeare si staglia per la sua drammatica attualità. Riccardo III seduce come un basilisco, con la pura forza dell’autostima concentrata in uno sguardo. Non è un capro espiatorio, ma insinua la sua volontà senza che le sue vittime riescano a sottrarsi, lo seguono alleati traditi e spossessati. Cosa spinge le persone a cadere nelle mani di un tiranno? Perché non ci si sottare collettivamente alla violenza e alla sopraffazione? Perché la sfrenatezza è affascinante, e perché solo pochi riescono a resistervi? Sono domande vicine al nostro tempo, come tutte le esplorazioni dell’umano che troviamo inoltrandoci nelle pagine del grande autore inglese. «I suoi drammi – suggerisce Stephen Greenblatt – sondano i meccanismi psicologici che conducono una nazione a dimenticare i propri ideali e persino il proprio interesse personale. Perché qualcuno, si chiede Shakespeare, dovrebbe appoggiare un leader paurosamente inadatto a governare, una persona pericolosa e impulsiva, malvagia e subdola, o indifferente alla verità?».
Kriszta Székely nelle sue note di regia scrive: «Riccardo III è senz’altro uno dei drammi più popolari di William Shakespeare. Perché i registi continuano a scegliere quest’opera ancora oggi? Cosa c’è in questa stor
ia estrema che, di generazione in generazione, ogni volta in modo diverso pur mantenendo la stessa intensità, arriva a toccare così profondamente lo spettatore? Qual è quel misterioso fenomeno che travalica il tempo e con il quale Shakespeare, brutalmente, ci costringe a confrontarci? Perché questa figura sembra così familiare ai miei nonni, ai miei genitori, a me? Chi è veramente questo personaggio che, senza scrupoli né morale, ambisce al potere, e che poi viene corroso proprio dallo stesso potere conquistato e dal suo senso di colpa? Io lo conosco? È lui che governa il mio paese? È il politico che ieri sera in televisione ha parlato della guerra con le lacrime agli occhi, e domani ne farà scoppiare una con un’espressione impassibile? O è un membro senza volto di quelle fondazioni che accumulano miliardi? O è il mio stesso capo, che dirige l’azienda dove lavoro? O il portinaio, che, inebriato dal suo potere, inasprisce costantemente la mia vita? O è mio figlio, sull’altalena, o nelle sue sanguinose liti infantili al parco giochi? Non sarò mica io Riccardo III? Questo dramma, con azioni estreme e radicali, ci mostra l’ascesa inarrestabile di un uomo all’apice del potere, ma anche la sua rapida discesa verso quel profondo e oscuro abisso che si spalanca oltre il potere stesso. Il viaggio di questo personaggio dev’essere per tutti noi un esempio di quanto l’ardore e la ricerca sfrenata del potere non conosca limiti umani, e che chi pecca di prepotenza alla fine sarà prigioniero del proprio inferno. Si tratta di una parabola. Un esempio. Uno specchio insanguinato, una preghiera oscura con la speranza di un mondo migliore».
Kriszta Székely / Artista associata del TST
Nata a Budapest nel 1982, Kriszta Székely ha conseguito il Master di regia presso l’Università di Teatro e Cinema della capitale ungherese e ha iniziato la propria formazione sul campo nel celebre Teatro Katona József Szinhéz, del quale è regista residente. La sua cifra registica spazia dagli adattamenti in chiave contemporanea di opere classiche a incursioni in territori inesplorati da parte del teatro. Sia nella prosa che nell’opera, i suoi lavori sono incentrati su una forte visione politica e civile – in particolare per le battaglie sulla parità di genere – e sull’analisi dei ruoli che ci vengono attribuiti, o imposti, dalla società nella quale viviamo. Dal 2016 insegna recitazione all’Università di Teatro e Cinema di Budapest ed è Presidente dell’Associazione dei registi ungheresi.
È stata insignita del premio come miglior regista al Festival di Teatro Nazionale nel 2017 e nel 2018, e del Premio della critica teatrale nel 2018 e nel 2019. Le sue più importanti produzioni al Katona sono Petra von Kant di Fassbinder (2014), Nora – Natale in Casa Helmer di Ibsen (2016), Il Cerchio di gesso del Caucaso di Brecht (2017), Platonov di Čechov (2019), L’incoronazione di Poppea di Monteverdi (2020), Otello di Shakespeare (2020) e Hedda Gabler di Ibsen (2022), quest’ultimo lavoro coprodotto insieme al Teatro Stabile di Torino. Nel 2020 ha firmato la sua prima regia per lo Stabile di Torino, Zio Vanja di Čechov con Paolo Pierobon; nel 2022 ha messo in scena Tre Sorelle al Landestheater Niederösterreich, a Sankt Pölten, in Austria.