Il greco antico è una lingua magnifica, la cui bellezza sta nelle sue sfumature. Un esempio? Tutte le parole che significano tempo. Questa settimana, la filosofa Ilaria Gaspari ha raccontato ai ragazzi di Elisir come, tra i molti modi per descriverlo, i greci abbiano coniato i concetti di Kronos e Kairos. Il primo allude a una successione di stati che vengono uno dopo l’altro e che lo costituiscono, una cronologia insomma; il secondo, invece, si può tradurre come il tempo giusto per una cosa, il momento esatto, l’occasione.
Queste due parole raccontano fedelmente le due fasi del processo precreativo, che il gruppo ha individuato nel corso della settimana e che saranno la base per la stesura del manifesto. Il primo momento coincide con Kronos, perché è un tempo quantitativo, che consta di tanti piccoli movimenti che porteranno alla seconda fase. Questi sono gli istanti della rinuncia di sé, intesa come tutto ciò che ci accompagna e ci conforta, tutto ciò che conosciamo e che costituisce il già visto. È un momento di pulizia, dove si fa spazio per il nuovo. Se siamo fortunati, questa predisposizione dovrebbe dare vita a una sorta di scintilla, in un movimento che somiglia molto a un’autofecondazione. Quando la scintilla appare, la gravidanza ha inizio, e il primo momento si chiude. Qui arriva Kairos, il tempo qualitativo, che si prende cura di un embrione e ne permette la crescita. È la progressiva messa a fuoco del progetto, il momento in cui l’artista prende una posizione rispetto alla propria arte. Alla fine di tutto ciò, dopo nove simbolici mesi, arriverà la nascita dell’oggetto, e potrà avere inizio l’atto creativo vero e proprio, fatto di organizzazione, gestione del materiale in spazio e tempo, autorialità, affermazione e firma.
Tutto questo processo di autofecondazione precreativa è stato testato, durante la settimana, attraverso le interviste con il regista Gigi Roccati e il musicista Tommaso Cerasuolo, e continueranno nella terza settimana con l’obiettivo di capire se il metodo individuato dal gruppo Elisir possa essere condiviso da altri artisti. Per il momento, la risposta è positiva, e i ragazzi si sono impegnati nel proseguire il decalogo, con una piccola novità: i dieci punti del manifesto saranno neologismi.
Questo perché, come ha detto Michele di Mauro, c’è bisogno di creare nuovi metodi, per evitare di produrre oggetti bellissimi ma uguali a sé stessi perché nati da uno stesso percorso. Perciò, si tratta di modificare anche la lingua e coniare nuove parole. Ne sono venute fuori molte, da Kairotico a Oltritudine, ma quella che auguriamo al teatro è senz’altro Futurente: colui il quale ha la capacità di stare nel futuro e nel presente nello stesso momento.
Giulia Binando [testo + illustrazione]