Senza corpo lavora su concetti cardine per dipanare un discorso fitto e partecipato, a partire da due macrosuggestioni: alcuni passaggi da Il cavaliere inesistente e il ruolo della paura nella quotidianità. Ma fa anche capolino un aspetto molto contemporaneo della società: le false identità, che popolano il web, aiutate da software alla portata di tutti, che generano alias con finalità diverse. Argomenti che afferiscono a percezioni diverse dell’essere (e non a caso tra i pensatori che si susseguono nella discussione ci sono Parmenide, Baumann, Galimberti). In particolare Zygmunt Baumann viene proposto da più parti per la sua analisi dell’individualismo: nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. Un tipo di modernità molto concentrata sul sé, in cui l’onere di costruire un progetto di vita e la responsabilità di un eventuale fallimento ricadono soltanto sull’individuo. Ma al contempo questa autodeterminazione mina la sicurezza dell’individuo perché questa si realizza soltanto nella relazione collettiva.
L’individualità si lega da vicino al tema della paura. Qui ciascuno porta un contributo molto personale, anche toccante, che sfiora soltanto non l’individualità, ma si interseca con il contesto nel quale ci si muove: paura di non essere accettati, paura del rifiuto, di fallire, di perdere il lavoro. E come ieri per Centimorgan (cM) anche la morte si aggira nelle parole del gruppo (anche con un sorriso, perché non sempre la morte può essere paurosa). Ci si lascia in attesa dell’incontro domani con l’esperto, ma con il compito di pensarsi in una situazione collettiva, prendendo in esame i punti di vista di tutti i presenti.
(I. G.)