Arturo Cirillo si dimostra ancora una volta uno dei registi più ispirati della nuova scena italiana.
≪Il futuro diventa presente, il presente passato, e il passato un eterno rimpianto≫. Lo zoo di vetro, secondo una definizione dello stesso Tennessee Williams, è “un dramma di memoria”, una potente messa in scena dell’atto del ricordare. In un opprimente interno piccolo borghese, Tom Wingfield racconta le vicende della sua famiglia, segnata irrimediabilmente dall’abbandono del padre. Le figure della sua memoria tornano reali, bloccate in un perenne presente da cui non c’è fuga: la madre Amanda, infantile e possessiva, è ancorata al ricordo di una giovinezza ormai sfiorita; la fragile sorella Laura, zoppa e spaventata dalla vita, trova consolazione unicamente nei suoi animaletti di vetro; lo stesso Tom, eterno ragazzo rancoroso e irrealizzato, si rifugia ogni sera nel cinema e nell’alcol. Solo l’arrivo di Jim, amico di Tom, potrebbe rompere l’asfittico ménage e portare finalmente un cambiamento… ≪Lo zoo di vetro rappresenta “l’inganno dell’immaginario” – scrive il regista Arturo Cirillo, che si riserva in scena la parte di Tom, alter ego dell’autore -. Ho immaginato un luogo abitato da pochi elementi molto concreti ma immersi in una luce non realistica, quasi pittorica, dove la vicenda venga narrata senza divisioni in quadri, in un unico luogo. Come se ci trovassimo all’interno di un album di famiglia troppe volte sfogliato≫.