Martedì 8 febbraio 2022, alle ore 19.30, debutta al Teatro Carignano di Torino Moby Dick alla prova di Orson Welles, un adattamento dal romanzo di Herman Melville, nella traduzione di Cristina Viti, per la regia di Elio De Capitani. Lo spettacolo vedrà in scena lo stesso De Capitani insieme a Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa, Mario Arcari. I costumi sono di Ferdinando Bruni, le maschere di Marco Bonadei e le musiche dal vivo di Mario Arcari e Francesca Breschi. Le luci sono di Michele Ceglia, il suono di Gianfranco Turco.
Elio De Capitani sceglie un testo teatrale finora sconosciuto ai nostri palcoscenici, sebbene scritto (e, a suo tempo, diretto e interpretato) da uno dei più grandi artisti del Novecento. Moby Dick alla prova rivela la potenza scenica dell’Orson Welles drammaturgo, ossessionato dal ritmo narrativo e musicale della creazione teatrale, sia nella dimensione della parola che dell’azione fisica. Lo spettacolo, una coproduzione del Teatro dell’Elfo e del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, sarà in scena nella stagione in abbonamento dello Stabile fino a domenica 20 febbraio 2022.
Note di Regia di Elio De Capitani
Una duratura e magnifica ossessione quella di Welles per Moby-Dick. E finalmente il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra, va in scena per lottare personalmente con le sue balene bianche: Melville, il palco vuoto e la sala piena di spettatori. È un successo.
Eppure al pubblico non dà né mare, né balene né navi. Solo un palco vuoto, una compagnia di attori, se stesso in quattro ruoli: è Achab e padre Mapple, ma è anche Re Lear ed è un impresario teatrale che convince la sua compagnia ad allontanarsi da Shakespeare e a seguirlo in una nuova avventura. Soprattutto Welles al pubblico dà il suo testo, su cui ha lavorato per mesi, trovando appunto una via indiretta per affrontare la sfida di mettere in scena il romanzo: passare per Re Lear, lo spettacolo che la compagnia sta recitando ogni sera, che getta un ponte tra Melville e Shakespeare, scivolando dall’ostinazione di Lear (che la vita, atroce maestra, infine redimerà) all’ostinazione irredimibile, fino all’ultimo istante, del capitano Achab.
Il blank verse – per noi splendidamente tradotto dalla poetessa Cristina Viti – restituisce con forza d’immagini la prosa del romanzo, trasformando rapidamente l’iniziale entrare e uscire dal personaggio, che il capocomico Welles e i suoi attori fanno come ogni compagnia in prova, in una travolgente e intensa rappresentazione dello scontro, titanico e insensato, tra uomo e natura. Oltre alla traduzione, un secondo potente motore di questa nostra versione del capolavoro di Welles è una ciurma d’attori più che pronti alla sfida: un cast che salda le eccellenze artistiche di tre generazioni dell’ensemble dell’Elfo, nel quale anche molti dei giovani hanno un curriculum ricco di premi; quando i teatri erano chiusi, con la vita ferma fuori dalle mura del teatro, gli attori, i musicisti e le maestranze hanno trovato l’assoluta concentrazione e le prove sono diventate un ritiro totalizzante. Terzo importante elemento dello spettacolo è la musica, che abita intensamente e dal vivo la scena (sia nel canto degli sea shanties, che strumentale), portentosa magia generatrice di emozioni profonde.
Ed è stato così che il capodoglio bianco ha preso anche la nostra vita. Da quando abbiamo iniziato a portare sulla scena il Moby Dick alla prova di Orson Welles, la duplice natura del grande mammifero marino ci tormenta. […]
Diciamolo: Moby-Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita.