Venerdì 27 maggio 2022 alle ore 20.45 debutta in prima nazionale al Teatro Carignano COMME TU ME VEUX (Come tu mi vuoi) di Luigi Pirandello per la regia di Stéphane Braunschweig, direttore dell’Odéon-Théâtre de l’Europe di Parigi, che ha curato anche la traduzione del testo e la scenografia dello spettacolo. Saranno in scena Sharif Andoura, Jean-Baptiste Anoumon, Cécile Coustillac, Claude Duparfait, Alain Libolt, Annie Mercier, Thierry Paret, Pierric Plathier, Lamaya Regragui Muzio, Chloé Réjon. I costumi sono di Thibault Vancraenenbroeck, le luci di Marion Hewlett, il suono di Xavier Jacquot e il video di Maïa Fastinger. Lo spettacolo è in francese con soprattitoli in italiano.
Stéphane Braunschweig, tra i registi più illustri della scena internazionale, dirige un testo di Pirandello scabroso e moderno. A metà strada tra il dramma poliziesco e la favola esistenziale, Come tu mi vuoi si svolge in un’Europa devastata e sull’orlo di un’altra grande catastrofe, e ci conduce tra le pieghe dei misteri dell’identità, nella persistenza del trauma e nella finzione che le persone interpretano per sopravvivere. Al centro della vicenda c’è una donna misteriosa, l’Ignota, un “corpo senza nome” che scena dopo scena diventa metafora di purezze infrante, menzogne, violenze e illusioni.
Comme tu me veux (Come tu mi vuoi), prodotto dall’Odéon-Théâtre de l’Europe, sarà in scena nella Stagione in abbonamento dello Stabile fino a domenica 29 maggio 2022.
Note di Stéphane Braunschweig
L’intrigo di Come tu mi vuoi si colloca dieci anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, nel momento in cui il nazismo è in piena ascesa in Germania e il Fascismo trionfa in Italia.
Il personaggio principale non ha un nome: Pirandello la chiama “l’Ignota”, è un “corpo senza nome”, come si definisce lei stessa. Ballerina di cabaret, amante di uno scrittore di successo, torna da lui, tutte le sere, ubriaca e seguita da una banda di borghesi dissoluti. Una sera, un fotografo italiano di passaggio è sicuro di riconoscerla: è Lucia, la giovane moglie del suo amico Bruno Pieri. Lucia era scomparsa dieci anni prima, senza lasciare traccia, durante l’invasione del Nord Italia da parte dell’esercito austro-ungarico. Tutti pensano che lei sia stata violentata, rapita o uccisa dall’esercito nemico.
Ma in un primo momento l’Ignota rifiuta di lasciarsi riconoscere: forse il trauma della guerra le ha provocato un’amnesia? O semplicemente non sopporta l’idea di tornare alla sua “vita di prima”, dopo “tutto quello che le è successo”? L’Ignota finisce tuttavia per accettare di “ritornare” in Italia e di “ridiventare” Lucia per suo marito Bruno, che sembra non aver mai cessato di amarla.
Ma lei è veramente Lucia? O è soltanto un ruolo che lei accetta di interpretare? Un’identità che indossa, lei che non ha un’identità?
Il seguito della pièce si svolge a Venezia: dopo il caos decadente di Berlino, il contrasto è massimo, si ha l’impressione di una società in cui regna l’ordine. E là l’Ignota-Lucia si ritrova al centro di una disputa di interesse che riguarda l’eredità della propria casa. Comincia a comprendere che suo marito aveva tutto l’interesse a ritrovare sua moglie viva, che fosse o meno la vera Lucia, per mantenere la proprietà della casa. Comprende che è fuggita da un mondo che la disgusta, Berlino, per uno che la disgusta ancora di più, l’Italia. Allora decide di distruggere questo mondo.
Questo mondo è il “mondo di dopo”, che si è ricostruito sulle macerie del vecchio, cercando di seppellire i traumi della guerra e di guarire le ferite della fantasia nazionalista, anche a costo di chiudere gli occhi sulla barbarie in marcia, in Germania come in Italia. Il personaggio della Demente, che si presenta nel terzo atto, è certamente l’altra faccia possibile di Lucia, ma incarna anche questo passato represso che torna in superficie, quello che si preferirebbe non vedere, il volto di una riparazione impossibile…
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