Martedì 21 febbraio 2023, alle 19.30, debutta al Teatro Carignano lo spettacolo Tango Macondo. Il venditore di metafore, scritto e diretto da Giorgio Gallione, liberamente ispirato all’opera Il venditore di metafore di Salvatore Niffoi (edizioni Giunti), con Ugo Dighero, Rosanna Naddeo, Paolo Li Volsi. Le musiche originali saranno eseguite dal vivo da Paolo Fresu (tromba, flicorno), Daniele di Bonaventura (bandoneon), Pierpaolo Vacca (organetto), mentre danzatrici e danzatori in scena saranno: Luca Alberti, Caterina Montanari, Valentina Squarzoni, Francesca Zaccaria, in collaborazione con DEOS Danse Ensemble Opera Studio – Genova. Le scene sono di Marcello Chiarenza, le coreografie di Giovanni Di Cicco, il disegno luci di Aldo Mantovani, i costumi di Francesca Marsella. Tango Macondo, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano, sarà replicato per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 26 febbraio 2023.
Lo spettacolo racconta la storia di un bizzarro mercante e del suo viaggio da Mamoiada, in Sardegna, fino a Macondo, il paese immerso nella foresta colombiana che García Márquez inventò per il suo Cent’anni di solitudine. Ad arricchire questo sontuoso universo narrativo sarà la musica: tra realismo magico e tragedia, questo racconto fantastico riuscirà a unire due terre lontane e diventerà il pentagramma per le note toccanti e universali della tromba di Paolo Fresu, che dialogherà con l’organetto sardo di Pierpaolo Vacca e il bandoneon argentino di Daniele di Bonaventura.
«Quella di raccontare, di raccontarsi, è un’esigenza che tutti gli esseri umani hanno nel proprio DNA. Siamo l’unica specie narrante: è la parola che ci rende umani.» dichiara Giorgio Gallione. «Tango Macondo è uno spettacolo composito, articolato, pieno di linguaggi che si intersecano. È un viaggio alla ricerca di storie tra il delirio e la geografia: storie fantastiche, storie immaginifiche, storie evocative. Nello spettacolo viene citato un mito primordiale che sostiene l’esistenza di un mago cantastorie, una specie di gigante che ha generato tutte le storie che l’essere umano ancora oggi alimenta, modifica, arricchisce. Come se ci fosse un unico padre dei racconti, che ci lega e ci accomuna.» Prosegue il regista: «Sono sempre alla ricerca di storie che hanno un potenziale teatrale ma non sono scritte per il teatro. Frequentare testi letterari è per me un po’ una vocazione e un po’ una necessità: mi interessa la parola narrativa, la parola evocativa, la parola alta. Dal confronto con un materiale letterario di questa altezza (Márquez, Cortázar, Borges, che hanno ispirato la seconda parte dello spettacolo) e un materiale altrettanto alto, ma che ha radici popolari, contadine, terrene (mi riferisco a Niffoi, a cui ho rubato la cornice narrativa), viene fuori un teatro anti realistico, un teatro di metafora, e perciò un teatro che frequenta più il verosimile che il vero.»