Orsini è il potente, tormentato imprenditore edile nel capolavoro della maturità di Ibsen. L’allestimento di Alessandro Serra crea una scatola plumbea per rappresentare la caduta di un uomo anziano e disilluso.

Una parabola sull’ambizione, sulla colpa, sulla condizione umana. Diretto da Alessandro Serra (Macbettu), Umberto Orsini è protagonista de Il costruttore Solness, capolavoro della maturità di Ibsen, poco rappresentato quanto efficace nel dipingere l’uso spregiudicato del potere, anche nei sentimenti. Solness è un anziano costruttore che ha edificato la propria fortuna sulle ceneri della casa di famiglia della moglie, derubandola di ogni possibile felicità. Vive nel senso di colpa, tormentato da nevrosi e paure e dall’odio nei confronti dei giovani, da cui teme di essere soppiantato. L’amore delle donne che lo ha alimentato per tutta la vita gli sarà fatale quando alla sua porta busserà la giovane Hilde, tornata dal passato come una nemesi. Solness si nutre della vita delle donne che lo circondano: Hilde, che decide di fare irruzione con una energia sottile e implacabile, lo accompagnerà, amandolo, fino al bordo del precipizio. La storia che racconta Ibsen è quella di una discesa, di un tentativo di toccare il cielo che coincide con un fallimento, con una catastrofe inesorabile. Al culmine di una costante tensione, si arriva alla sentenza finale. È giusto, del resto, costruire la propria felicità sulle miserie altrui? O ciò che si è costruito sul dolore è troppo fragile per sostenere il peso della perduta felicità? Una pièce costellata di assassinii: giovani che uccidono i vecchi spingendoli ad essere giovani e vecchi che uccidono se stessi nel tentativo di raggiungere l’impossibile ardore giovanile.


da Henrik Ibsen
con Umberto Orsini
e Lucia Lavia, Renata Palminiello, Pietro Micci, Chiara Degani, Salvo Drago,
e con Flavio Bonacci
regia, scene, costumi, luci  Alessandro Serra
Compagnia Orsini e Teatro Stabile dell’Umbria