Scene da un matrimonio con il glorioso Teatro Katona di Budapest che trasforma Casa di bambola in un dramma sulla felicità di facciata. La trentacinquenne regista Kriszta Székely ama le grandi figure femminili e dà all’eroina di ibsen,i connotati e i tormenti di una donna contemporanea.
«Quali ruoli recitiamo in un rapporto? fino a quando può funzionare un matrimonio che si basa sulle menzogne? cosa succede quando non si può continuare a fingere?» Se lo domanda la trentacinquenne regista ungherese Kriszta székely, autrice per il Katona di Budapest di un allestimento di casa di bambola di Ibsen, portato in scena con il titolo Nora/Natale in casa Helmer, che la critica ha definito «di sconvolgente intensità». Superando tematiche divenute inattuali (l’emancipazione femminile, il ruolo della donna nella famiglia) di un testo del 1879, Székely dà alla pièce una lettura contemporanea e pone al centro una questione diversa: quella del matrimonio di facciata. La famiglia perfetta nasconde la realtà di una coppia di quarantenni in crisi, come tante altre. Nora si ripete che sta a bene, che è felice. Eppure sa di mentire a se stessa. «È disposta a recitare tutti i ruoli necessari per mantenere il tenore di vita e lo status sociale: è la perfetta moglie, la perfetta madre, la perfetta padrona di casa», scrive la regista. Appesa nel vuoto del suo idillio fittizio, Nora (una grandiosa Eszter Ónodi) recita, sgambetta, si trucca, cambia maschera, si destreggia tra segreti e bugie. Il mimetismo è la sua tecnica di sopravvivenza. Fino a quando, rivelate le menzogne, evaporata ogni illusione, si ritrova assieme al marito davanti alle macerie della sua vita in rovina.