Leo Muscato racconta Don Milani, il “prete scomodo” che ispirò il ’68. Sacerdote anticonformista, appassionato educatore dei figli della classe operaia, il parroco di Barbiana arriva a teatro.
Dopo l’avventura, e il successo, de Il nome della rosa da Eco, Leo Muscato torna allo Stabile con un ritratto dedicato a Don Lorenzo Milani, il prete scomodo, il prete dei poveri, che nell’Italia ingessata e classista del secondo dopoguerra provò – violentemente osteggiato – a riscattare dall’analfabetismo i figli di contadini e operai. Lo spettacolo, scritto con Laura Perini e nato nel 2017 nel cinquantennale della morte del parroco di Barbiana, condensa in due atti un materiale sconfinato, fatto di lettere, testimonianze, libri, racconti. Nessuna lettura agiografica ma il ritratto di un uomo controverso: sacerdote militante, obiettore di coscienza, educatore appassionato inviso alle gerarchie della Chiesa. Un uomo di fede controcorrente, un utopista, un rivoluzionario, un disobbediente, un novello San Francesco. Tanto è stato detto e scritto su Don Milani, tra condanna e riabilitazione postuma. Il progetto ha un respiro dichiaratamente pop e l’obiettivo di portare al più ampio pubblico «un padre semisconosciuto e per tanto tempo osteggiato della nostra cultura». Alex Cendron, interprete anche di cinema e tv, è protagonista accanto a otto giovanissimi debuttanti nel ruolo degli scolari di Barbiana. «Conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt’uno. Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori. Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali», scriveva Don Lorenzo Milani nel suo testo più famoso, Lettera a una professoressa, del 1967.