Martedì 13 dicembre 2022, alle ore 19.30, debutta al Teatro Gobetti di Torino The Children di Lucy Kirkwood, per la traduzione di Monica Capuani e la regia di Andrea Chiodi. Lo spettacolo è interpretato da Elisabetta Pozzi, Giovanni Crippa, Francesca Ciocchetti. Le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Ilaria Ariemme, le luci di Cesare Agoni e le musiche di Daniele D’Angelo. The Children, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano e La Contrada – Teatro Stabile di Trieste, sarà in scena nella stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 18 dicembre 2022. La vita di un’anziana coppia di scienziati viene sconvolta da un incidente nucleare vicino al loro cottage. Ora l’elettricità è spesso assente, l’acqua non è potabile, il rischio di contaminazione costante e, a tutto questo, si aggiunge l’arrivo inaspettato di una loro vecchia amica e collega. L’equilibrio domestico finisce così in frantumi e impone a tutti i personaggi scelte radicali.
Andrea Chiodi porta in scena il pluripremiato testo dell’autrice britannica Lucy Kirkwood che ha debuttato nel 2016 al Royal Court Theatre di Londra ed è poi stato rappresentato al Theater di Broadway. Definito dalla critica come un testo che “afferra compulsivamente” (The Guardian), scritto dalla “drammaturga più gratificante della sua generazione” (The Independent), The Children affronta tematiche urgenti come l’ambiente, l’equilibrio tra responsabilità individuale e collettiva, il cortocircuito relazionale tra le generazioni, il senso di ipoteca dell’uomo contemporaneo sul proprio futuro e quello del pianeta.
Note di regia
«La complessità e l’astuzia della scrittura di Lucy Kirkwood – dichiara Andrea Chiodi – consentono un lavoro sul testo a diversi livelli di profondità, affrontando le problematiche e i conflitti più intimi e privati dei personaggi insieme a temi universali, morali e collettivi, in un intreccio intonato e ricco di equilibrio. Il risultato è una messa in scena in cui tutto “accade”, trascinando i tre scienziati in un intreccio inevitabile che sempre conserva contemporaneamente peso e leggerezza insieme, come una marea che continuamente cresce e decresce su se stessa. I personaggi agiscono in un luogo che è esso stesso protagonista e spettatore silenzioso, carico di storie, ricordi legati alla vita dei tre colleghi, anch’esso piegato e compromesso dal disastro che ha colpito il paese, una casa che è al tempo stesso rifugio segreto e campo di battaglia e che appartiene in modo diverso a ciascuno dei tre personaggi. Una casa che ho voluto che fosse storta, non solo perché il terreno dove si svolge l’azione frana, ma perché spesso le cose della vita si inclinano, si “stortano”, prendono strade che non possiamo sapere. I personaggi sono legati tra loro da fili lunghi e invisibili, da sensi di colpa sommersi e traumi complessi che emergono pian piano e li uniscono nel pensare e nell’agire insieme, per definire e ridefinire il concetto di senso di responsabilità nei confronti delle generazioni future. Hazel, Robin e Rose, i tre protagonisti, sono al tempo stesso adulti e bambini, genitori e figli, ognuno con la propria risolutezza e fragilità. Ho desiderato che l’incedere della vicenda fosse raccontato e detto come un flusso di pensieri che accadono nell’esatto momento in cui vengono detti, con stati d’animo che cambiano repentinamente passando dal riso al pianto nell’arco della stessa battuta, come forse avviene anche nella vita. Ecco sì, come accade nella vita, perché il teatro, questa drammaturgia in particolare, non fa altro che spalancarci alle infinite possibilità di conoscenza del cuore e del pensiero dell’uomo».