Il Teatro Stabile di Torino, dopo la transizione digitale imposta dagli eventi, ha deciso di proseguire l’esperienza intrapresa con ottimo riscontro di visualizzazioni durante il periodo di chiusura delle sale al pubblico e, al nutrito cartellone di spettacoli programmati nei suoi teatri, ne affianca uno virtuale su piattaforme. Nel mese di giugno, infatti, proporrà un nuovo docufilm dal titolo DOPO TUTTA QUESTA VITA realizzato dal regista Lucio Fiorentino e dedicato allo spettacolo LE SEDIE di Eugène Ionesco, diretto da Valerio Binasco e interpretato da Michele Di Mauro, Federica Fracassi che è andato in scena, con grande successo di critica e di pubblico, alle Fonderie Limone di Moncalieri dal 27 aprile al 16 maggio 2021. Attraverso le immagini girate durante le prove e le interviste, il video restituisce pensieri ed emozioni degli interpreti e di coloro che hanno lavorato alla messa in scena dello spettacolo.
Il docufilm DOPO TUTTA QUESTA VITA sarà online a partire da domenica 6 giugno 2021, alle ore 19.00 sul nostro canale dedicato a Docufilm e premiere.
Valerio Binasco affronta per la seconda volta – dopo La lezione diretta per lo Stabile di Genova – il teatro di Eugène Ionesco con Le sedie, un classico che ancora oggi demolisce tutte le convenzioni su cui si basa la nostra quotidianità. I personaggi e le situazioni delle pièce di Ionesco sono intorno a noi, reali e riconoscibili: sono le feroci vicine di casa che si esprimono esclusivamente con proverbi o frasi fatte, i colleghi dalla parlantina irrefrenabile, gli amici vittimisti. Il drammaturgo franco-romeno ha un lontano quanto forte legame con il Teatro Stabile di Torino: Gian Renzo Morteo, membro dal 1968 al 1970 della direzione collegiale dello Stabile, non solo fu il traduttore italiano di Ionesco, ma la sua amicizia con lo scrittore fu lunga e affettuosa. Ionesco collaborò strettamente con Morteo e Gualtiero Rizzi alla realizzazione de Il gioco dell’epidemia, che debuttò nel 1971 al Teatro Gobetti.
Valerio Binasco dirige Michele Di Mauro e Federica Fracassi in una commedia i cui tratti assurdi si dissolvono in un vuoto carico di parole che via via perdono senso, in una dimensione di frustrazione che a distanza di quasi settant’anni dal debutto dello spettacolo (prima assoluta al Théâtre Lancry di Parigi, il 22 aprile 1952) sembra parlare direttamente al nostro disarmante presente.
Un faro abbandonato, un’isola circondata dal mare: un vecchio e una vecchia attendono in una grande sala gli ospiti per una conferenza, una cerimonia sontuosa per accogliere un oratore e il suo messaggio fondamentale. Due vecchi, marito e moglie, che goffamente rivelano la loro piccola realtà: illusioni, delirio, fallimento, ma soprattutto un grande silenzio, una mancanza di interlocutori così come di comunicazione. Ma comunicare cosa? È un grande vuoto quello che risuona intorno ai due anziani, circondati da una ressa di figure inesistenti, sedie che si accatastano, rumori di sottofondo, senza che nulla avvenga realmente, perché in questa farsa tragica, dove si ride con angoscia, il nodo centrale è esorcizzare la paura, la disperazione.