Al Teatro Carignano, martedì 13 marzo 2018, alle ore 19.30, Toni Servillo dirigerà ELVIRA (Elvire Jouvet 40) di Brigitte Jaques © Gallimard da Molière e la commedia classica di Louis Jouvet, con la traduzione di Giuseppe Montesano. Lo spettacolo è interpretato da Toni Servillo, Petra Valentini, Francesco Marino, Davide Cirri.
I costumi sono di Ortensia De Francesco, le luci di Pasquale Mari e il suono di Daghi Rondanini.
ELVIRA, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e da Teatri Uniti, resterà in scena al Carignano, per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, fino a domenica 25 marzo 2018.
Toni Servillo dirige e interpreta l’apologo del mestiere dell’attore che svela parole, tecnica e rigore di un grande del teatro come Louis Jouvet: «Una messa in scena è una confessione», diceva l’artista francese, ed è proprio ad una confessione appassionante che queste lezioni ci fanno assistere.
Al Conservatoire d’Art Dramatique di Parigi, in sette incontri che si svolgono tra il 14 febbraio e il 21 settembre 1940, Louis Jouvet fa preparare a una giovane attrice, Claudia, l’ultima scena del personaggio di Elvira nel Don Giovanni di Molière. Lezioni, ma anche una forma di straordinaria iniziazione al lavoro sul palcoscenico, che viene interrotta dall’occupazione nazista di Parigi, un evento che modificherà le vite di tutti i protagonisti. Servillo muove su due piani la propria indagine, mettendo al servizio del testo e dello spettacolo la propria straordinaria carriera di interprete e di regista, facendo emergere la passione dell’artista francese per il teatro, animata da un rigore che tende alla poesia. La cura straordinaria messa nella stenografia riporta quasi cinematograficamente le sensazioni, le inquietudini, il silenzio o i movimenti dei presenti, rendendo partecipe ogni spettatore del segreto del teatro nel suo divenire. Brigitte Jaques ha tratto spunto dal saggio di Jouvet Molière et la comédie classique (Molière e la commedia classica) pubblicato da Gallimard nel 1965: il suo testo debutta al Théâtre National de Strasbourg nel 1986 e concentra la struttura drammaturgica su sette delle lezioni che l’artista francese fece stenografare tra il 1939 e il 1940.
L’allieva di Jouvet si chiamava Paula Dehelly. Dopo il diploma, a causa delle origini ebraiche, la giovane interprete è costretta a lasciare le scene e abbandona Parigi, per tornare a lavorare in teatro e al cinema nel dopoguerra. Charlotte Delbo, la stenografa, poco tempo dopo le trascrizioni entra nelle Resistenza e sopravvive ad Auschwitz, facendo dell’esperienza con Jouvet e del ricordo delle battute di Molière una risposta attiva all’orrore. Uno spettacolo che contrappone la semplicità dell’impianto scenico alle molte letture possibili: Toni Servillo, applaudito interprete, dirige tre giovani attori (Petra Valentini, Francesco Marino, Davide Cirri) in questa celebrazione del teatro e della trasmissione del sapere tra le generazioni.
«Elvira – scrive Toni Servillo – porta il pubblico all’interno di un teatro chiuso, quasi a spiare tra platea e proscenio, con un maestro e un’allieva impegnati in un particolare momento di una vera e propria fenomenologia della creazione del personaggio.
Un’altra occasione felice, offerta dalle prove quotidiane del monologo di Donna Elvira nel quarto atto del Don Giovanni di Molière, consiste nell’opportunità di assistere ad una relazione maieutica che si trasforma in scambio dialettico, perché il personaggio è per entrambi un territorio sconosciuto nel quale si avventurano spinti dalla necessità ossessiva della scoperta. Louis Jouvet formula a proposito dell’attore la famosa distinzione comédien/acteur e dice precisamente: “il comédien è per così dire il mandatario del personaggio, mentre l’acteur delega se stesso personalmente. Il comédien esiste grazie allo sforzo, alla disciplina interiore, a una regola di vita dei suoi pensieri, del suo corpo. Il suo lavoro si basa su una modestia particolare, un annullarsi di cui l’acteur non ha bisogno”. Trovo il complesso delle riflessioni di Jouvet particolarmente valido oggi per significare soprattutto ai giovani la nobiltà del mestiere di recitare, che rischia di essere svilito in questi tempi confusi».