TEATRO GOBETTI
dal 3 all’8 maggio 2016
BERSAGLIO SU MOLLY BLOOM
Venendo l’ultimo capitolo dell’Ulisse di Joyce a manovrare
nelle acque territoriali dei cantanti Marcido
adattamento drammaturgico e regia Marco Isidori
Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
con il sostegno di Sistema Teatro Torino
Martedì 3 maggio 2016, alle ore 19.30, al Teatro Gobetti, andrà in scena, BERSAGLIO SU MOLLY BLOOM – Venendo l’ultimo capitolo dell’Ulisse di Joyce a manovrare nelle acque territoriali dei cantanti Marcido adattamento drammaturgico e regia di Marco Isidori, scena e costumi di Daniela Dal Cin.
Lo spettacolo è interpretato da Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Stefano Re, Valentina Battistone, Virginia Mossi, Daniel Nevoso, Francesca Rolli, Margaux Cerutti, Marco Isidori. Tecniche Sabina Abate.
Bersaglio su Molly Bloom sarà replicato al Gobetti per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale fino a domenica 8 maggio.
Un grandioso ritorno quello della storica compagnia Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa che, proprio tredici anni fa, debuttava al Teatro Gobetti con la messa in scena del monologo Molly Bloom, dall’ultimo capitolo dell’Ulisse di Joyce. L’installazione di Daniela Dal Cin, la famosa “Grande Conchiglia” – una fitta serie di teche metalliche che contenevano gli attori legandoli come fossero santi dentro le loro nicchie votive – ricevette il Premio Ubu 2003 per la scenografia.
Gli occhi tuttavia non sono gli unici a stupirsi di fronte a questo spettacolo: il monologo, in pieno stile marcidoriano, è lavorato in modo tale da divenire una voluttuosa partitura per la voce, con lo scopo di arrivare a quello che la Compagnia definisce come “diabolico parossismo fonico”, capace di evocare la potenza drammatica della poesia.
«Non è nostra la scoperta – scrive Marco Isidori nelle sue note allo spettacolo – che l’ultimo capitolo dell’Ulisse, lo sconfinato monologo di Molly Bloom, in altro modo non dev’essere pensato, e di conseguenza trattato, che come una voluttuosa partitura per la voce (recitante o già “cantante”?). Nostra sarà la responsabilità scenica di rivoltarne il consueto canone psicologizzante, finora prassi regolare delle interpretazioni di questo testo, per arrivare ad un sensazionale concerto prismatico (otto saranno le voci “recitanti”, dirette letteralmente dal regista, in scena appunto nelle vesti di direttore) dove le indicazioni e le super implicazioni semantiche e propriamente musicali della lingua joyciana saranno portate a lievitare fino a un diabolico (si rammenta con Genet, che “l’esercizio teatrale è diabolico”) parossismo fonico, eguagliatore in potenza evocativa di quella scrittura poetica (chiarisco che per i Marcido il parossismo fonico strutturato è la sede ottimale della drammaticità)».