Il testo più famoso di Dario Fo, uno spettacolo che lo ha consegnato alla storia del teatro e della letteratura, in una nuova versione diretta da Eugenio Allegri.
Mistero Buffo è considerato il capolavoro della produzione di Dario Fo, come recita la motivazione del Premio Nobel attribuitogli nel 1997: «A Fo… che nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati». Eugenio Allegri dirige Matthias Martelli, giovane talento del Teatro della Caduta, in questa giullarata popolare che ha costituito il modello per il grande teatro di narrazione degli ultimi vent’anni. L’originalità dell’operazione del grande artista sta nell’aver attinto agli strati più profondi della tradizione popolare, rivitalizzandola e attualizzandola mediante riferimenti alla realtà contemporanea: le sacre rappresentazioni diventano occasioni per recuperare la cultura degli oppressi, delle classi subalterne, le cui uniche forme di rivalsa risiedono nel riso e nel comico. Mistero, dai Misteries medievali, ma anche “buffo”, perché dissacrante e oltraggioso nella rilettura di alcuni episodi della storia sacra. Il comico della Commedia dell’Arte incontra la lingua di Jacopone da Todi, Teofilo Folengo, Ruzante, giullari, dialetti padani, fondendosi nel celebre grammelot. Eugenio Allegri, che proprio a Palazzo Nuovo, a Torino, negli anni Settanta, vide lo spettacolo, nella sua versione originaria, scrive: «Anche nel nostro Mistero Buffo, Matthias Martelli, l’attore, è solo in scena, senza trucchi, con l’intento di coinvolgere il pubblico nell’azione drammatica, passando in un lampo dal lazzo comico alla poesia, fino alla tragedia umana e sociale. Lo “spazio scenico”, lasciato vuoto come allora faceva Fo, ha consentito all’attore/ giullare di interpretare le situazioni e i personaggi più variegati, passando da un luogo all’altro e da un tempo a un altro senza bisogno di scenografie. Il nostro lavoro quindi affonda le sue radici in una forma di teatro che, attraverso la lingua corporale ricostruita col suono, con le onomatopee, con scarti improvvisi di ritmo, con la mimica e la gestualità spiccata dell’attore, passa continuamente dalla narrazione all’interpretazione o alla sola evocazione dei personaggi, trasformandoli all’occorrenza dal servo al padrone, dal povero al ricco, dal Santo al furfante, per riprodurre sentimenti, reazioni, relazioni, e tutte quelle altre cose che fanno, infine quella rappresentazione sacra e profane chiamata Commedia. Fondamentale è stato svincolare Mistero Buffo dal mondo degli anni Sessanta e Settanta, per attualizzarlo e universalizzarlo, attraverso un linguaggio e un’interpretazione nuova e originale, nel segno della tradizione di un genere usato dai giullari medievali per capovolgere l’ideologia trionfante del tempo dimostrandone l’infondatezza. (Quella del nostro tempo, ma giusto per dire la mia, mi pare si chiami Autodistruzione)».