Martedì 9 maggio 2017, alle ore 19.30, debutta al Teatro Gobetti IL MALATO IMMAGINARIO di Molière, con l’adattamento, l’ideazione spazio e la regia di Ugo Chiti.
Lo spettacolo è interpretato da Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Gabriele Giaffreda, Elisa Proietti. Le luci sono di Marco Messeri, le musiche di Vanni Cassori, gli arredi di scena di Francesco Margarolo, assistente ai costumi Dagmar Elizabeth Mecca.
Lo spettacolo – prodotto da Arca Azzurra Teatro – sarà replicato al Gobetti, per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, fino a domenica 14 maggio.
Dire che Il malato immaginario come tutti i classici parla apertamente all’oggi è quasi una banalità, ma l’ossessione ipocondriaca di Argante, sembra un atteggiamento apertamente contemporaneo, come del resto la sua vulnerabilità ai raggiri degli esperti e dei dottori, altra caratteristica della nostra società, dove i rimedi sono spesso peggiori dei mali. Al rapporto di dipendenza di Argante, alla sua mancanza di giudizio fanno da contraltare la schiettezza e la saggezza della servetta Tonina, autentico deus ex machina dell’ultima commedia di Molière.
Questa comédie-ballet dove il termine imaginaire nel francese del XVII secolo significa anche pazzo, è un farsa all’antica, dove confluiscono i trent’anni di pratica di scrittura per il palcoscenico del grande autore: dietro la facciata sbeffeggiante, si cela una malinconica sfiducia nell’uomo e nella sue potenzialità.
Con questo spettacolo Arca Azzurra Teatro celebra trent’anni di attività, molti dei quali segnati da produzioni su testi di Ugo Chiti, così come da appuntamenti con “classici” come Machiavelli, Boccaccio, Benelli, Collodi.
«Il malato immaginario – scrive Ugo Chiti – è l’ultima irridente commedia di Molière (la morte lo coglierà dopo una recita siglando una specie di assoluta irripetibile metaforizzazione del ruolo attore-autore). Farsa-commedia, intrisa di realismo dove i personaggi si muovono sulla ritmica dell’intreccio comico occhieggiando alla “commedia dell’arte” senza tralasciare, dietro il risibile, quella seconda lettura d’ombra che lascia intuire la natura più sinistra di figure inquiete; caratteri teatrali che sfiorano il tragico con un ghigno divertito di maschere comiche.
Adattamento e regia cercano questa doppia, obliqua lettura necessaria in un testo “contaminato” da molteplici segni teatrali, dove a differenza, per esempio, dell’assoluta “purezza” drammaturgia del Misantropo, convivono insieme pantomime metafisiche e amare riflessioni sulla natura dell’uomo. Ne Il malato immaginario si spariglia così il giuoco: i caratteri ridicoli o stravaganti che attingono al farsesco dichiarato, cercano risonanze più reali in grado di evidenziare lo smarrimento esistenziale avvicinandoli, alla riconoscibilità del contemporaneo.
Il malato immaginario è testo turbevole proprio per queste doppiezze contraddittorie, testo ambiguo che dietro l’inossidabile, perfetta macchina teatrale, sembra occultare il tema portante;
commedia sì sulla “delusione medica” ma forse, ancora più presente è la disamina sull’uomo vinto dalle illusioni».